Holiday In Spain, Non parla di Michael.

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» Posted on 3/11/2009, 18:01
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E' una vecchia fan fiction che ho scritto l'anno scorso....ormai è quasi del tutto completa XD spero vi piaccia ^^

Holiday in Spain




Got no place to go
but there's a girl waiting for me down in Mexico
She's got a bottle of tequila, a bottle of gin
And if I bring a little music I can fit right in
We've got airplane rides
We got California drowning out the window side
We've got big black cars
And we've got stories how we slept with all the movie stars
I may take a holiday in Spain
Leave my wings behind me
Drink my worries down the drain
And fly away to somewhere new.







Capitolo 1:

Our love will dry out on Christmas.

20 Dicembre 2007.
6.30 pm.

Era un pomeriggio nuvoloso. Sentivo che tra noi c’era tensione, il mio sesto senso mi diceva che c’era qualcosa che non andava. Il problema era capire cosa. Forse stavo solo diventando paranoica, forse era solo una brutta giornata.
Capii tutto quando mi disse –dobbiamo parlare-. Quando si deve parlare, non c’è mai nulla di buono da dire, forse è la fine. Due anni buttati nel cesso in meno di 30 secondi. Come è possibile, come si fa a distruggere un mondo in un solo giorno?
Forse sono solo paranoica. Probabilmente vuole solo dirmi qualche cavolata. Sto per vomitargli addosso dalla tensione. Perché mi succede sempre? Quando sono agitata, innamorata, tesa, sempre. Tutte le volte che provo qualche emozione troppo forte, mi viene da rigettare tutto quello che ho mangiato dal capodanno del 2000 a oggi. Prendo un bel respiro. E dico – beh, sediamoci.- e ci accomodiamo sulle gradinate del teatro, in piazza della Vittoria. Reggio Emilia.
Vedo che è inquieto. Forse non trova le parole giuste. Alla fine parla.
- è inutile che continuiamo a provarci. Non serve a nulla. Forse, non dovremmo stare più insieme.- sputa fuori queste parole a raffica. Come se avesse paura di pentirsene. Le sento che mi invadono la testa. Come se fossi appena stata investita da un treno ad alta velocità.
Queste furono le ultime parole che mi disse Davide.
Mi lasciò li, davanti al teatro Ariosto. Non mi diede nemmeno un “bacio d’addio” se ne andò subito. Prima che io potessi replicare. Prima che io potessi dire anche solo un “ma”.
Il respiro incominciava a farsi affannoso. La testa girava. Perché gira?
Mi siedo. Forse è meglio.
*Allora Vale calma. Se né andato così. Mi ha lasciato qua.* Intanto lui si incammina verso la fermata dell’autobus. *oh mio dio quanto è bello. Ma cosa cavolo pensi! Ti ha appena mollata stupida!* Lo osservo, come se volessi cogliere ogni particolare, come se volessi imprimermelo nel cervello. Perché questa è sicuramente l’ultima volta che lo vedrò.
Oh no. Sto per vomitare. *perché mi deve sempre succedere.*
Sospiro. Appoggio la testa contro la colonna di marmo. È fredda, mi da un sollievo temporaneo. Stringo le mani in una morsa assassina intorno alla tracolla della borsa, una Borbonese.
Cerco in tutti modi di cacciare indietro quelle fottute lacrime.
Ma perché? Perché a me?
Merda.
Devo trovare un modo per tornare a casa. *Cerca di riprenderti. Crolli dopo. Non farlo qui. Non tra tutte queste persone.* Prendo un respiro profondo. Con mano tremante, raccolgo la borsa. Cerco il telefono. Devo chiamare Fè. Mi dirigo verso la fontana. *Oddio no, di nuovo il vomito no. Okok sediamoci li.* E mi siedo sull’unica panchina libera.
La gente intorno a me continua a farsi i propri. Le loro vite vanno avanti. Solo la mia si è fermata ora. Mi guardo intorno, ma è come se qualcuno avesse tolto l’audio, il mio corpo era li a sedere, ma la mente da tutt’altra parte. Finalmente trovo questo cazzo di cellulare.
Rubrica – Chiama – Fè
*Ti prego rispondi*
-pronto?- lo sento che ride, sarà fuori con i suoi amici.
-Fè?- dico io, ormai tra le lacrime.
- Vale! Cos’è successo?- sento il panico nella sua voce.
-Vieni a prendermi. Sono davanti alla fontana.- e butto giù il telefono.
Raccolgo le gambe al petto,e cercando di calmarmi –per quel che è possibile- aspetto che mio fratello venga a prendermi.
Dopo neanche 10 minuti è qui.
-Fè- dico tra le lacrime. Lo guardo come a dire, perché è successo a me?
- è stato lui vero?- ne a lui ne ai miei è mai piaciuto Davide. Diciamo pure che lo odiavano.
-Portami a casa ti prego.- non ho proprio voglia di parlarne. Ne tantomeno di far capire a loro che avevano ragione. Su tutto. Anche su Davide.
Nonostante abiti a soli dieci minuti dal centro di Reggio Emilia, questo viaggio verso casa mi è sembrato durare ore.
Nessuno ha detto una parola. Io, in particolare, ero concentrata sul non vomitare. Senza risultato, appena scendo dalla macchina, una Mini coupé, corro dietro ad un cespuglio. Sono proprio senza speranza.
La casa è una villa in stile Vittoriano, bianca con le rifiniture in noce. Sovrastata dalle nuvole nere, sembra quasi che appartenga ad un altro mondo. È quasi spettrale. Entro, lasciandomi Fè alle spalle che traffica con il cellulare.
In casa, grazie a Dio non c’è nessuno. A parte Ludovica, la governante. Mia madre è al negozio e papà a Parigi per una tenere una conferenza su un intervento di neurochirurgia.
Mi dirigo verso camera mia. Terzo piano della casa. Una fatica assurda. Fè non so nemmeno dove sia. Avrà chiamato mamma. *Spione* penso mentre mi butto sul letto. Un letto matrimoniale, le coperte sono di seta nere. Accovacciata sul letto c’è Principessa, la bianca gatta persiana che i miei genitori mi hanno regalato per il mio dodicesimo compleanno.
-Ciao principessa- dico tra le lacrime. Ormai sono diventata una fontana.
La prendo, me la porto al petto e mi sdraio sul letto con la gatta che fa le fusa.
Fuori ha incominciato a piovere, chissà che ore sono…e in men che non si dica cado in un sonno profondo. Apatico. Senza sogni.
 
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